
Sono moltissimi gli esperti di politica internazionale che ritengono che in un Mondo in cui le risorse idriche scarseggiano sempre più, la gestione dell’acqua e l’utilizzo più intelligente di questo bene possa rappresentare la chiave per aumentare la stabilità nelle relazioni tra i popoli e quindi la pace sul pianeta.
Nonostante i buoni propositi però la cooperazione internazionale stenta a decollare e le buone intenzioni restano soltanto parole, senza alcun piano concreto che rilanci la centralità della funzionalità delle reti idriche per aumentare il benessere interno negli Stati e creare le basi per una democrazia generalizzata sul piano globale. Ogni membro Europeo sembra agire autonomamente, senza ragionare come un’unica testa, quando si tratta di gestione delle acque territoriali e lo stesso gap si ripercuote a livello globale, quando si discute di questi temi durante i summit del g8, della Nato o del WTO.
Se non si trovassero gli accordi necessari nei prossimi 10 anni le ripercussioni sociali collegate a questa situazione potrebbero sfociare in enormi disparità e le possibilità di conflitti tra le popolazioni aumenterebbero di conseguenza.
La popolazione sembra sottovalutare quello che sta accadendo, etichettando l’evento come l’ennesima conferma di una lacuna decisionale da parte di chi li governa, eppure, ragionando un pochetto non è difficile comprendere come si tratti di qualcosa di molto più profondo.
Basterebbe pensare a quelle previsioni che affermano che nei prossimi 25 anni, a causa dell’aumento demografico, si consumerà il 50% del cibo in più. In effetti, la lavorazione di cibi, ma anche l’allevamento di bestiame, necessita grandi quantitativi d’acqua, e la scarsità idrica non può che rendere impossibile questo tipo di approvvigionamento.
La cooperazione idrica non è solo un bene imprescindibile per una buona gestione dell’acqua e lo sviluppo sostenibile sul territorio, ma è anche essenziale per ottenere la pace e la stabilità politica nel Mondo. L’acqua si rivela un catalizzatore di dinamiche politiche che vanno ben oltre la tradizionale considerazione che abbiamo della stessa acqua in quanto risorsa. A differenza del petrolio che può essere sostituito da fonti di energia alternative come il gas naturale o l’energia solare, l’unica alternativa all’acqua è soltanto l’acqua ed è per in questo senso che va considerata a tutti gli effetti un bene comune e patrimonio per l’umanità.
La scarsità di acqua potabile non è solo un problema di salute pubblica, ma anche una sfida per la sicurezza e lo sviluppo di uno Stato civile. In Africa, quello che accade nella gestione del bacino del Volta, dovrebbe rappresentare un buon esempio per il resto delle nazioni. In quest’area esiste infatti un’autorità super partes che riequilibra le esigenze idriche di tre stati: Ghana, Burkina Faso e Togo, che anzichè lottare per accaparrarsi maggiori quantità d’acqua, riescono a convivere in pace, senza ripercussioni politiche di alcun tipo. Si tratta di un modello virtuoso che può essere replicato altrove, limitando le possibilità che fiumi e laghi diventino i pretesti del futuro per iniziare una guerra. Il principio base in realtà è molto semplice, visto che sarebbe sufficiente utilizzare i bacini idrici senza precluderne l’uso ai Paesi confinanti o senza limitarne l’uso ad altre nazioni che ne hanno bisogno.
Risulta necessario che venga istituito un organo superiore che vigili sulla equa gestione dell’acqua nell’intera regione africana, ma anche un miglioramento delle tecnologie di rilevamento, visto le difficoltà oggettive che si hanno nello stabilire i reali volumi d’acqua dei corsi fluviali africani e anche solo nel censire in maniera puntuale la popolazione di alcuni stati del Centro Africa.
Investire nel continente africano non dovrà essere l’ennesima scusa per aumentare i profitti nei Paesi sviluppati, ma rappresenterà l’inizio per un cambio d’approccio che assicuri la Pace nella culla dell’umanità come nel resto del Mondo.